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Riflessioni a margine

a cura della Dott.ssa Elisa Bertoja
Assistente sociale e Criminologa sociale

Il buon “vicino”

Il controllo del vicinato ci invita ad una sfida che ci riporta al passato, a quando essere parte di un quartiere significava fare e sentirsi parte di una comunità, in cui le persone – dalle più piccole alle più grandi-  erano legate dalla cara vecchia relazione di “buon vicinato”.

C’era una volta l’accoglienza, la conoscenza, la reciprocità e la fiducia. Tutti piccoli gesti fatti di sguardi e di attenzioni reciproche, naturali e “ad istinto”.

Come si può creare fiducia tra le persone, in una società che ci spinge sempre più verso l’individualismo, il giudizio e la competizione? Una società in cui la regola sembra essere quella che mantenga le disuguaglianze sociali, siano queste di status, di salute o semplicemente di aspirazione…

È necessario vi sia qualcuno che accompagni e sensibilizzi ciascuno di noi  a ripensarsi come comunità, come rete, qualche volta come salvagente ma sempre come supporto, stimolo, punto di approdo e di condivisione costante, in tutte le situazioni è le età della vita.

Proviamo a porci questa domanda: Come vorrei che fosse il mio vicino di casa?

Sicuramente mi piacerebbe arrivare o nascere in un paese in cui il mio dirimpettaio è una persona empatica e piena di curiosità. Due qualità e caratteristiche che vanno insegnate e rinforzate positivamente, fin da piccoli. Non si impara ad essere curiosi ed empatici: per natura lo si è (sempre perché ci dimentichiamo fin troppo spesso di essere degli “animali sociali”), ma non sempre così si rimane. Un ruolo importante è giocato dall’educazione e dal contesto in cui si cresce e in cui si vive.

Mi piacerebbe che il mio vicino di casa avesse una spiccata capacità di osservazione. L’osservazione non dovrebbe essere fine a se stessa ma sarebbe meglio se esercitata oltre al senso letterale, cioè saper prestare attenzione alle sfumature emotive che mi coinvolgono e che magari l’altra persona fa risuonare in me. Un po’ di sana intuizione alle volte può davvero fare la differenza!

In ultimo, mi divertirebbe poter incontrare il mio vicino alle iniziative organizzate nel nostro quartiere, alle sagre di paese, al bar. Mi piacerebbe che se lui sa qualcosa che può aiutarmi, magari me lo dicesse o mi lasciasse un biglietto per parlarne il giorno dopo.

Costruire reti è un vero e proprio lavoro, anzi direi che è un’opera, che ciascuno di noi può tessere pensandosi parte di un quartiere, di una comunità, ciascuno un petalo di margherita.

Creare reti significa possibilità di sentirsi più sicuri e meno soli. Significa che pur nella mia diversità (intesa sempre come unicità e ricchezza) posso sentirmi simile al mio vicino, perché in fondo le esperienze di vita e le esigenze di ascolto, riconoscimento, crescita, sicurezza e tutela della mia casa e della mia famiglia sono le medesime della persona che abita dall’altra parte della strada oppure nel vialetto a fianco.

Alla prossima riflessione!

Elisa Bertoja

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